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In Italia, il mondo del calcio presenta un panorama affascinante e complesso, con ben 14.000 squadre e circa 72.000 allenatori dato fermo al 2015. Un dato che suscita stupore: ci sono più allenatori che squadre, e questo ci porta a riflettere sull’importanza della preparazione professionale nel settore. Allenare non è solo una questione di passione, ma richiede costante aggiornamento e evoluzione. Non sorprende quindi che la qualità degli allenatori in molte categorie dilettantistiche possa risultare scadente, compromettendo l’intero sistema.

Il numero di calciatori tesserati, che supera 1.131.906, testimonia l’enorme diffusione di questo sport in tutte le fasce d’età. Il calcio continua ad essere il business numero uno in Italia, attirando attenzioni e investimenti da ogni angolo. Tuttavia, questa popolarità ha un rovescio della medaglia: con la camorra che si infiltra in alcuni club, come dimostrato dal caso della Juve Stabia, la bellezza del calcio può facilmente trasformarsi in una maledizione. Le parole del procuratore Nicola Gratteri mettono in luce un aspetto inquietante: il calcio, mentre unisce tifoserie e appassionati, è anche un terreno fertile per pratiche illecite che ne minano l’integrità.

Oggi, i giovani devono talenti affrontare sfide importanti. In Serie D, un fuori quota deve avere 19 anni, un’età cruciale in cui prendere decisioni sul proprio futuro. Giocare a calcio può sembrare un’opzione entusiasmante, ma con oltre un milione di tesserati in competizione, raggiungere contratti milionari è un sogno per pochi. La dura realtà è che per molti, la scelta di dedicarsi esclusivamente al calcio potrebbe non garantire una vita serena e prospera.
Il calcio italiano, quindi, è un microcosmo di opportunità e difficoltà, un grande palcoscenico dove si intrecciano sogni e sfide. È un mondo che continua a incantare, ma che richiede una riflessione seria su come tutelare i veri valori dello sport, intrappolati tra ambizioni e compromessi.







