New York: La Speranza si Veste di Socialismo (e vince di brutto). Puntuale la gaffe del “comunicatore” leghista

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Domenico Panetta
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L’editoriale del direttore 
Zohran Mamdani è il nuovo sindaco di New York. Vince la speranza. E la realtà.

In una delle metropoli più disuguali del mondo, ha vinto una campagna con un messaggio nudo e crudo: “For a New York you can afford” (Per una New York che ti puoi permettere). Chiaro, diretto, e a quanto pare, incredibilmente efficace. Zohran Mamdani, socialista democratico di 34 anni, musulmano di origini indiano-ugandesi, ha rovesciato un’altra dinastia politica battendo il rivale democratico Andrew Cuomo e diventando il primo sindaco musulmano, il più giovane da oltre un secolo.

La sua vittoria non è solo un fatto anagrafico o identitario, per quanto simbolico. È la vittoria di una piattaforma che ha parlato di vita vera: blocco dei prezzi degli affitti, trasporti pubblici gratuiti e asili nido universali. Quando la politica torna a migliorare concretamente la vita delle persone, la fiducia (e il voto) tornano.

La vittoria di Mamdani non è un caso isolato. L’onda democratica si è estesa, con le vittorie di Mikie Sherrill in New Jersey e Abigail Spanberger in Virginia come prime donne governatrici nei rispettivi Stati. Nonostante le attese, l’elettorato ha premiato candidati che hanno puntato sulla concretezza e la giustizia sociale, dimostrando che c’è un risveglio e uno slancio nel Partito Democratico USA che va oltre i confini di New York e supera persino le performance registrate da Kamala Harris alle precedenti elezioni.

In sintesi: l’America progressista si è mobilitata. Ha vinto la linea del ‘parlare di cose che contano’ contro la retorica divisiva.

Chiaramente in uno scenario del genere non é mancata La Gaffe del “Comunicatore  leghista” 

Mentre New York celebra, qui in Italia la vittoria scatena un riflesso pavloviano: l’islamofobia.

La reazione, prevedibile quanto un comunicato stampa della Lega contro la ‘tassa sulla merenda’, arriva puntuale da esponenti politici locali che, senza il minimo sforzo di contestualizzazione, tentano di riciclare vecchie paure.

Prendiamo l’esempio del “consulente in comunicazione”, che si è lanciato in un post da manuale del ‘cosa non fare’ nel 2025: “24 anni dopo l’11 settembre, New York ha un sindaco musulmano. L’Occidente non difende più la propria identità: la chiama progresso, ma è resa culturale.”

Un messaggio vecchio di trent’anni che ha avuto l’effetto comunicativo desiderato… meno di zero. Il conteggio Facebook parlava chiaro alle 17:50: un magro bottino di 31 like, sommerso da 6 “visi arrabbiati,” 3 “lacrime,” e una “pernacchia.” In altre parole: il pubblico ha risposto con fastidio e disinteresse.

Non solo il post è un goffo tentativo di copiare il “padrone Salvini,” ma dimentica un dettaglio fondamentale: la Costituzione italiana (Articolo 19) garantisce a tutti la libertà di professare e far propaganda della propria fede religiosa.

Il messaggio è questo: se la politica progressista vince parlando di futuro, uguaglianza e vita reale, l’unica “identità” che rischia la resa culturale è quella di una destra incapace di guardare oltre i vecchi slogan.

La morale, carissimi comunicatori, è semplice: se non siete delle cime in politica estera o costituzionale, magari evitate le figure da “burloni” d’oltremare. In fondo, stiamo parlando di comunicazione, no? E questa, diciamocelo, non è una bella mossa.

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