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Nei giorni scorsi si è conclusa l’operazione denominata “Turdus aureus”, nell’ambito di una complessa attività investigativa condotta dal Reparto Operativo–Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno degli Animali del Raggruppamento Carabinieri CITES, unitamente dal Gruppo Carabinieri Forestale di Perugia e dal Centro Anticrimine Natura di Udine. Detta operazione, finalizzata al contrasto del traffico illegale di avifauna destinata ad uso come richiami vivi in ambito venatorio, nella fase conclusiva ha visto impegnati 131 Carabinieri Forestali, che hanno operato in diverse regioni italiane.
Le perquisizioni, su delega dell’Autorità Giudiziaria di Udine, sono state eseguite nei confronti di 5 soggetti residenti in Toscana, 2 in Lombardia, 2 in Campania e 5 in Umbria, hanno portato al sequestro di ingenti quantitativi di denaro in contanti, pari 141.019,00 euro.
Sono stati sequestrati, inoltre, 164 esemplari morti di avifauna appartenente a specie protetta e particolarmente protetta e 763 esemplari vivi appartenenti alle specie di tordi, merli e cesene privi di anello identificativo o con anello identificativo alterato, che sono stati affidati alle cure di centri di recupero animali selvatici, con finalità di riabilitazione propedeutica alla loro liberazione in natura, ovvero ai CRAS.E. dell’Arma dei Carabinieri ai quali si affiancano, in perfetta sinergia, i centri recupero di diverse associazioni, in prima linea LIPU, WWF, CABS.
I Carabinieri forestali hanno inoltre rinvenuto e sequestrato in diversi siti perquisiti l’attrezzatura utilizzata per la manomissione e contraffazione degli anelli di marcaggio, (pinze, punzoni, macchine calibrate per produzione di anelli, cunei, punteruoli, fustellatrici, presse, martelletti, lime); sequestrati 2.396 anelli identificati inamovibili e pronti all’utilizzo, 48 reti da uccellagione, 6 richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, 3 coppi di cattura e 3.224 munizioni di vario calibro.
Nel corso dell’attività, uno degli indagati è stato tratto in arresto per il reato di detenzione abusiva di armi clandestine, ex art 967 cp e artt. 3 e 23 L. 110/75, perché trovato in possesso, all’interno della propria abitazione abilmente occultato, di un fucile da caccia con matricola abrasa.
Nel corso delle perquisizioni, sono stati sequestrati ingenti quantitativi di medicinali dopanti e strumenti medicali di somministrazione degli stessi (siringhe e pinze chirurgiche). Si tratta di farmaci aventi principi attivi a base di derivati del testosterone, aventi la capacità di indurre l’attività canora degli esemplari maschi, forzandone i tempi naturali.
Tali farmaci possono essere inoculati all’occorrenza solo per finalità mediche e solo da medici veterinari in quanto il loro utilizzo, al di fuori di un piano terapeutico, provoca gravi danni all’apparato neuro endocrino degli animali sino a stravolgerne la fisiologia e a provocare possibili effetti patologici.
Ai soggetti destinatari dei provvedimenti di perquisizione, coinvolti a vario titolo e in concorso continuato tra loro (art 81) nelle complesse dinamiche del traffico illegale di avifauna sul quale indagano i Carabinieri Forestali coordinati dalla Procura di Udine, sono stati contestati i reati di associazione per delinquere (art 416), sostituzione di persona (art. 494 c.p.), frode in commercio (art. 515), maltrattamento di animali (art. 544 TER), furto e furto aggravato (artt. 624 e 625), ricettazione (648), riciclaggio ed impiego in attività economiche o finanziarie di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto (648 BIS e 648 ter), uso abusivo di sigilli e strumenti veri (art. 471), detenzione abusiva di armi, alterazione di armi, armi clandestine detenzione illegale di munizioni.
Quanto scoperto dai Reparti dell’Arma Forestale pone i propri presupposti sul principio che vuole la fauna selvatica qualificata nell’ordinamento giuridico quale “patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale” e, pertanto, la legale detenzione di ciascun esemplare di uccello allevato richiede che venga apposto, al tarso-metatarso dello stesso, senza recare danno all’animale, entro i primi 10 giorni di vita, un anello identificativo inamovibile costituito da un cerchio continuo senza giunti né interruzioni, avente un diametro tale da non consentire la rimozione una volta che la zampa dell’uccello sia pienamente sviluppata, numerato secondo le norme vigenti al fine di determinare una marcatura individuale e considerato sigillo.
Nuovamente si torna a parlare del fenomeno del traffico illecito di richiami vivi, che non conosce soluzione di continuità e che rappresenta un busines illecito di centinaia di migliaia di euro ogni anno, a cui i trafficanti sembra non vogliano in alcun modo rinunciare.
L’indagine, svolta della Specialità Forestale dell’Arma dei Carabinieri con la sua capillare presenza sul territorio nazionale, ha permesso di disvelare un sodalizio criminale ramificato in diverse regioni italiane, in grado di approvvigionarsi di un considerevole numero di volatili, soprattutto implumi di turdide di provenienza estera illecita, che dopo apposizione agli stessi di anelli identificativi forniti da allevatori conniventi o alterati per consentire l’inserimento o utilizzando anelli genuini che per tipologia e per dimensioni sono destinati a esemplari di avifauna aventi corporatura della zampa più grande, venivano commercializzati come uccelli da richiamo per l’attività venatoria a cacciatori ignari della provenienza illecita.
Gli esemplari di avifauna, catturati prevalentemente in natura dai nidi, generavano ingenti guadagni – il valore di mercato di un esemplare “da richiamo” può raggiungere anche 300 euro riciclati nell’ultima fase della filiera, per un giro di affari di centinaia di migliaia di euro.
Nati liberi, strappati alla vita selvatica, obbligati alla assoluta impossibilità del volo, condannati alla cattività, alla prigionia: questo è il destino che attende ogni anno migliaia di uccelli selvatici.