Per fermare le guerre bisogna eleggere chi non le vuole

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Domenico Panetta
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Spesso il concetto di pace e di conflitto sembra più semplice di quanto si pensi. La realtà, invece, è complessa, ma una cosa è certa: chi desidera la guerra lo fa perché ha il potere di farlo, e noi, cittadini, abbiamo in mano uno strumento fondamentale per cambiare le cose: il voto.

Se analizziamo le cause delle guerre nel mondo, emerge un dato evidente: sono spesso alimentate da chi ha interessi economici, politici o ideologici, e che quindi desidera mantenere lo status quo, anche a costo di sacrificare vite umane. Ma allora, la domanda sorge spontanea: chi le vuole? Se in un sistema democratico ci sono elezioni, e chi si presenta alle elezioni rappresenta determinate volontà, perché continuiamo a eleggere leader che sembrano più propensi alla guerra che alla pace? È un paradosso che richiede riflessione: il nostro voto è uno strumento potente, ma troppo spesso viene sottovalutato o usato in modo superficiale.

Abbiamo tra le mani un’arma: il voto. È il modo più diretto per influenzare le decisioni di chi ci governa. Perché, allora, tendiamo a dare la nostra preferenza a chi alimenta il militarismo o la retorica bellicosa? La risposta può essere complessa, ma una cosa è certa: se vogliamo una pace duratura, dobbiamo eleggere chi, tra le altre cose, si impegna concretamente per la risoluzione pacifica dei conflitti, per il rispetto dei diritti umani e per il dialogo internazionale.

Dall’altra parte del mondo, le parole di Donald Trump durante la campagna elettorale sono un esempio di come si possa promettere di cambiare le sorti di un conflitto con la semplice volontà politica: “L’Ucraina avrà la pace in una settimana”, aveva detto. Ma le promesse si rivelano spesso vane, e le guerre continuano, lasciando dietro di sé distruzione e disperazione. La Palestina, invece, si trova ancora a lottare per il riconoscimento internazionale e per un futuro di speranza, ma senza diritti politici riconosciuti, i giovani palestinesi vedono il loro futuro offuscato, privato della possibilità di credere in un domani migliore.

Costruzioni Laziali

In Italia, il panorama politico non è da meno: regna il caos, le promesse si perdono tra le polemiche e le tensioni. Recentemente, il primo ministro Meloni ha affermato che “se vuoi la pace devi preparare la guerra”, una frase che riassume un pensiero ormai diffuso, ma che rischia di alimentare un clima di paura e di conflitto piuttosto che di dialogo.

E allora, qual è la soluzione? La risposta è semplice ma impegnativa: la pace si costruisce con il voto, scegliendo leader e programmi che privilegino il dialogo, la diplomazia e il rispetto reciproco. È fondamentale che i cittadini siano consapevoli del loro potere e che usino questa arma con responsabilità, perché il futuro delle generazioni future dipende dalla nostra capacità di scegliere chi desidera davvero la pace. Concludendo, per fermare le guerre bisogna eleggere chi non le vuole. È un messaggio chiaro e diretto: la pace non si impone con le armi, ma con la volontà di cambiare, con la forza del voto e con la determinazione di costruire un mondo più giusto e pacifico.

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