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Da giorni, Matteo Salvini si presenta con entusiasmo come il protagonista di un momento epocale per l’Italia e la Sicilia: l’avvio ufficiale dei lavori per il Ponte sullo Stretto di Messina. La cerimonia di domani, con la firma del progetto definitivo, viene celebrata come l’alba di una nuova era di progresso e connettività. Tuttavia, analizzando
più approfonditamente la situazione, emerge un quadro molto più complesso e meno roseo di quello dipinto dai proclami.
Un passo formale senza effetti concreti
Innanzitutto, l’annunciata firma non corrisponde all’inizio dei lavori di costruzione. Quel che domani sarà firmato è semplicemente il via libera a una somma di circa 13,5 miliardi di euro di fondi pubblici destinati a finanziare un’opera che, ad oggi, non ha ancora un progetto esecutivo completo. Non ci sono ancora approvazioni dalla Corte dei Conti, né autorizzazioni ambientali né valutazioni a livello europeo. In altre parole, siamo ancora ben lontani dall’effettiva realizzazione di un cantiere, e tutto si limita a un passo formale che, di per sé, non garantisce nulla.
Ostacoli normativi e ricorsi legali pronti a bloccare il progetto
A complicare ulteriormente la situazione ci sono una serie di ostacoli di natura normativa e burocratica. Il Comitato “Invece del ponte” denuncia come il progetto sia soggetto a una miriade di vincoli, prescrizioni e ricorsi legali che potrebbero bloccare o rallentare i lavori per anni. La complessità normativa rappresenta, quindi, la vera barriera alla rapida realizzazione dell’opera, rendendo più che mai incerto il suo sviluppo in tempi ragionevoli.

Il rischio di un fallimento garantito: il risarcimento alle imprese
In un quadro già di per sé incerto, Salvini ha promesso alle imprese coinvolte un risarcimento di 1,5 miliardi di euro nel caso in cui il progetto non si concretizzasse. Questa promessa di “assicurazione” preventiva, riportata anche da “Repubblica”, suscita molte perplessità. La cifra, infatti, non verrà pagata con fondi pubblici direttamente dallo Stato o dalla Lega, ma sarà a carico dei cittadini italiani, qualora il progetto fallisse. Un meccanismo che trasforma una possibile incapacità di portare a termine l’opera in un ulteriore costo per la collettività.
Una propaganda costruita su una promessa vuota
In sostanza, Salvini si è costruito un palcoscenico elettorale e politico su un’opera che, ad oggi, appare più come una promessa vuota che come un reale progetto di sviluppo. Usa i fondi pubblici come garanzia, alimentando una narrazione di progresso che rischia di tradursi in un fallimento epocale, con conseguenze pesanti sia dal punto di vista ambientale sia finanziario.

La verità dietro le quinte
Eppure, domani, questa complessità e questa realtà meno rosea resteranno nell’ombra. La narrazione ufficiale continuerà a dipingere il Ponte come un fatto compiuto, un simbolo di progresso e di rinascita. Dietro le quinte, invece, la situazione è molto più articolata e incerta: ricorsi, ostacoli burocratici, mancanza di un progetto esecutivo e rischi di fallimento sono aspetti che nessuno vorrebbe evidenziare in una celebrazione.
Il trucchetto politico e la realtà nascosta
Avete capito il trucco? La propaganda può essere potente, ma la realtà, spesso, si nasconde dietro un velo di retorica e promesse a buon mercato. Il rischio, in questo caso, è di alimentare una speranza vana che potrebbe avere costi enormi per l’Italia e la Sicilia, senza che nulla di concreto sia realmente all’orizzonte.
In conclusione, mentre Salvini e il Governo continuano a sbandierare il “traguardo storico” del Ponte sullo Stretto, il quadro reale richiede più attenzione e più cautela. La storia ci insegna che le grandi opere spesso si rivelano più complesse e più dure da realizzare di quanto le promesse di partenza vogliano farci credere. E il rischio di trovarsi di fronte a un fallimento, con tutte le conseguenze che ne derivano, resta più che mai aperto.







