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Era ricercato da luglio scorso ed è stato fermato senza opporre resistenza in un appartamento del quartiere Tor Tre Teste, alla periferia est di Roma. Massimo Nicoletti jr, figlio di Enrico Nicoletti, noto come il “cassiere” della Banda della Magliana, è stato tratto in arresto dai carabinieri, che lo hanno trovato dopo mesi di indagini e di indizi che ne avevano indicato la presenza nella Capitale. L’uomo, di 63 anni, è ora detenuto nel carcere di Rebibbia, a disposizione dell’autorità giudiziaria.

La latitanza e l’indagine Assedio
Nicoletti jr era latitante dall’estate scorsa, ma le sue tracce erano al centro di un filone investigativo aperto da maggio scorso, quando fu coinvolto nell’indagine della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) denominata Assedio. L’inchiesta ha messo in luce non solo la presenza di organizzazioni mafiose a Roma, ma anche circuiti di riciclaggio e di prestiti a usura gestiti da personaggi legati a diverse articolazioni criminali. Secondo gli inquirenti, Nicoletti jr era uno specialista nel campo dei prestiti usurai, un ruolo che lo colloca tra gli elementi di supporto economico-finanziario di reti criminali operanti anche oltre i confini della città.
Le misure cautelari e i contorni dell’indagine
In un primo tempo la decisione del gip non aveva disposto la custodia cautelare per Massimo Nicoletti jr, a differenza di altri diciotto indagati coinvolti nello stesso filone di indagine. Tra questi figuravano il fratello Antonio “Tony” Nicoletti e Vincenzo Senese, figlio del boss Michele Senese, considerati al vertice di due gruppi criminali in grado di ripulire denaro per conto di clan camorristi e ’ndranghetisti. Con il passare delle settimane, però, il arena giuridico ha subito un approfondimento: su ricorso della Procura, il Tribunale del Riesame ha autorizzato l’emissione di ulteriori misure cautelari nei confronti di Massimo Nicoletti jr, in raccordo con quanto emerso dall’indagine.

Il contesto estendendosi oltre la Capitale
L’indagine ha coinvolto rapporti tra diverse organizzazioni criminali. Tra i clan citati figurano i D’Amico-Mazzarella di Napoli e i Mancuso e Morabito-Mazzaferro della Calabria. L’indagine ha anche delineato una rete di prestiti e riciclaggio che operava a Roma e nelle aree circostanti, con riferimento a strutture edilizie e beni riconducibili a prestanomi. In tale contesto sono state rilevate situazioni dall’evidente matrice criminale, tra cui l’esistenza di un patrimonio immobiliare, tra cui un complesso residenziale a Vermicino con 42 appartamenti, intestati a società di prestanome, sequestrato dalla Guardia di Finanza in una precedente inchiesta.
Un controllo anche oltre l’economia reale
Tra gli elementi investigativi emersi nell’inchiesta vi sono stati anche rapporti tra soggetti imprenditoriali e “finanziatori” esterni ai contesti strettamente criminali. In un caso, l’indagine ha documentato come uno degli imprenditori coinvolti gestisse i rapporti con i finanziatori del progetto edilizio, mentre uno degli interlocutori interni sarebbe stato minacciato e picchiato a seguito della richiesta di restituzione di un investimento. Tali episodi hanno fornito un quadro di violenza e intimidazione tipico di strutture in grado di combinare economia legale e attività illecite.

Aspetti disciplinari e provocazioni all’interno delle forze dell’ordine
Nell’inchiesta è emerso anche un profilo di tensione istituzionale: un brigadiere dei carabinieri, sospeso per un anno, è stato accusato di aver effettuato accessi abusivi ai sistemi informatici su incarico di Antonio Nicoletti, con l’obiettivo di individuare due fratelli che, secondo l’accusa, avrebbero dovuto essere “puniti” per un’aggressione nei confronti del figlio di Enrico Nicoletti. Una dinamica che ha posto nuovamente l’attenzione sul delicato equilibrio tra indagine, integrità delle forze dell’ordine e limiti etici nell’uso delle informazioni.

L’esito della latitanza e la collocazione odierna
Dopo mesi di ricerche, la fuga di Massimo Nicoletti jr si è conclusa ieri: l’arresto è avvenuto nell’ambito di controlli mirati a verificare la presenza dei sospetti nell’area di Tor Tre Teste. Attualmente l’uomo si trova nel carcere di Rebibbia, dove rimane a disposizione dell’autorità giudiziaria per definire la posizione e i possibili sviluppi processuali.
L’irruzione in una realtà criminale complessa come quella descritta dall’indagine Assedio sottolinea la rete di collegamenti tra Roma e altre realtà mafiose del Centro e del Sud Italia. L’intera operazione evidenzia l’impegno delle procure e delle forze dell’ordine nel contrastare non solo le attività tradizionali di trafficanti e riciclatori, ma anche i sistemi di prestito usura e di riciclaggio che sostengono tali reti. In attesa degli sviluppi giudiziari, l’arresto di Massimo Nicoletti jr chiude un capitolo della latitanza che aveva destato allarme tra chi osserva da vicino i flussi economici e criminali della Capitale.






