I soldi fanno la felicità. La dura realtà della povertà in Italia

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Domenico Panetta
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In un’epoca in cui si ripete spesso che “la felicità non si compra con i soldi”, la realtà italiana sembra contraddire questa affermazione. Secondo il recente report della Caritas, infatti, oltre cinque milioni di italiani vivono in condizioni di povertà assoluta, un dato che rischia di restare troppo spesso nel silenzio mediatico e politico. È ora di affrontare con sincerità questa emergenza sociale, perché i numeri sono impietosi e ci riguardano tutti.

Una ferita aperta nell’Europa di oggi

In un contesto europeo segnato da crisi geopolitiche, tensioni commerciali e inflazione persistente, la povertà si conferma come una delle ferite più profonde del nostro continente e, di conseguenza, del nostro Paese. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, in Italia quasi un residente su dieci si trova in povertà assoluta: sono 5.694.000 persone, appartenenti a 2.217.000 nuclei familiari incapaci di soddisfare i bisogni fondamentali per una vita dignitosa.

Un dato allarmante che si traduce in un’area di disagio diffuso, spesso invisibile, che richiederebbe una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e della società civile. Tuttavia, l’attenzione pubblica sembra essere più orientata ad altre questioni, lasciando che questo dramma sociale rimanga in secondo piano.

Il ruolo fondamentale della rete Caritas

In questo scenario difficile, la rete Caritas si conferma come un presidio di solidarietà imprescindibile. Nel 2024, i Centri di Ascolto e i servizi della Caritas hanno accolto circa 277.775 persone, corrispondenti a nuclei familiari in difficoltà. Un dato in crescita del 3% rispetto all’anno precedente e del 62,6% rispetto a dieci anni fa (2014), a testimonianza di come la povertà si stia radicando sempre più nella vita quotidiana degli italiani.

Se da un lato si registra una riduzione dell’incidenza dei “nuovi ascolti” (il 37,7% rispetto al 41% del 2023), dall’altro preoccupano i numeri relativi alle situazioni di povertà cronica e di lunga durata. Più di un assistito su quattro (26,7%) vive in condizioni di disagio stabile e prolungato, mentre il numero medio di incontri con i servizi di sostegno è quasi raddoppiato rispetto al 2012, passando da 4 a 8 incontri annui per persona.

Un volto sempre più anziano e fragile

Il profilo delle persone aiutate dall’assistenza sociale rivela un’ulteriore tendenza: l’età media si è alzata a 47,8 anni. Cresce anche la presenza di anziani, che rappresentano ora il 14,3% degli assistiti (24,3% tra gli italiani, rispetto al 7,7% del 2015). La povertà non risparmia più solo le generazioni più giovani o le famiglie con figli, che costituiscono ancora il 63,4% degli assistiti, ma coinvolge anche le fasce più mature, spesso con difficoltà di accesso a pensioni dignitose o ad un’occupazione stabile.

Il lavoro che non salva dalla povertà

La fragilità occupazionale si conferma come uno dei principali fattori di vulnerabilità. Il 47,9% degli assistiti è disoccupato, mentre il 23,5% ha un lavoro che non garantisce una reale protezione dall’indigenza. Tra i 35-54enni, la percentuale di “working poor” supera il 30%, una realtà che dimostra come anche il lavoro, spesso precario o mal retribuito, non basti a garantire una vita dignitosa.

Fragilità multiple e bisogno di aiuto

Non è solo la povertà economica a spingere le persone a rivolgersi ai servizi di assistenza. Il 56,4% delle persone seguite vive almeno due forme di fragilità, e il 30% ne sperimenta tre o più. Questi numeri evidenziano un problema complesso e articolato, che richiede risposte integrative e strutturali.

Un appello alla società e alle istituzioni

Davanti a questi dati, la domanda sorge spontanea: perché si tende a non parlare di questa emergenza? Perché i numeri così drammatici vengono spesso ignorati o sottovalutati? È forse più facile voltarsi dall’altra parte, convinti che “i soldi non portino felicità”? La realtà ci dice che, senza risposte concrete, questa ferita sociale rischia di diventare sempre più profonda e difficile da sanare.

È arrivato il momento di cambiare prospettiva: non si tratta solo di assistenza, ma di una sfida collettiva per costruire un Paese più giusto, in cui nessuno sia lasciato indietro. La solidarietà, come quella della rete Caritas, deve essere accompagnata da politiche efficaci, investimenti e una cultura del bene comune.

Osservazioni

I soldi fanno la felicità, sì, ma solo se sono il risultato di un’economia che funziona, di un sistema che tutela i più deboli e di una società che si prende cura di tutti i suoi membri. La povertà in Italia è una realtà troppo spesso nascosta, ma che ci riguarda da vicino. È il momento di non girarci intorno e di affrontare questa sfida con coraggio e determinazione, perché la dignità di ogni persona è il vero patrimonio di una nazione civile.

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