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Lo scorso incontro alle Terme di Pompeo, organizzato con grande enfasi dal segretario regionale della Cisl, Enrico Coppotelli, ha suscitato molte discussioni e riflessioni sulla progettata futura infrastruttura ferroviaria ad alta velocità nel Lazio meridionale. Lo slogan scelto, “La rinascita del Basso Lazio – Il futuro della mobilità con la Tav”, sembrava voler mettere in evidenza un’ambizione di sviluppo e progresso per questa porzione di regione. Ma, come spesso accade in politica e nelle strategie di lobbying, dietro alle parole altisonanti si celano obiettivi più concreti e meno nobili.
In effetti, subito è apparso evidente il vero scopo dell’incontro: rilanciare l’idea della stazione Tav tra Ferentino e Supino, un’area che, fino a poco tempo fa, era conosciuta come Ciociaria e che ora, in un tentativo di ridefinizione territoriale, si tende a chiamare Basso Lazio. Una scelta che ha suscitato non poche polemiche, considerando le implicazioni storiche e culturali di questa denominazione.
Il primo intervento della giornata, quello del segretario provinciale della Cisl di Latina, Roberto Cecere, ha fatto trapelare senza troppi giri di parole la vera intenzione: sostenere con convinzione il progetto della stazione ad alta velocità in quella zona. Una dichiarazione che ha smascherato le ambizioni dietro lo slogan, lasciando intendere che l’obiettivo principale è quello di ottenere un ritorno politico ed economico in quella parte di regione.
Dopo Cecere, sono intervenuti numerosi rappresentanti politici e associazioni di categoria. La maggior parte di essi ha insistito sulla necessità di collegare Ferentino alla rete dell’alta velocità, sottolineando come questa infrastruttura possa rappresentare un volano di sviluppo per l’intero territorio. Tuttavia, sono emerse anche voci più critiche, e non sono mancate le riflessioni contrarie alla semplice centralità di Ferentino, ponendo l’attenzione su Cassino e sull’intera area del Lazio Meridionale, che già dispone di un’infrastruttura di alta velocità che potrebbe essere ampliata o potenziata.
Il dibattito si è rivelato, quindi, più complesso di quanto la retorica iniziale lasciasse supporre. La questione di fondo riguarda la reale utilità di questa stazione Tav: si tratta di un intervento strategico e sostenibile, da collegare efficacemente con altre reti di trasporto? Oppure rischia di trasformarsi in un “colpo di teatro”, una “cattedrale nel deserto” che non porterà benefici concreti ai territori coinvolti?
Il numero elevato di interventi, circa trenta, ha talvolta portato a ripetizioni e a una certa sovrapposizione di posizioni, ma in alcuni interventi si è avuta la fortuna di ascoltare voci discordanti, che hanno rimesso in discussione l’assoluta centralità di Ferentino rispetto ad altre realtà come Cassino, già dotata di collegamenti di alta velocità e con un tessuto economico e sociale più compatto.
In conclusione, dichiara Fausto Salera consigliere comunale di maggioranza Comune di Cassino appare chiaro che il futuro della mobilità nel Lazio meridionale richiede un approccio più articolato e meno campanilistico. È necessario avviare un confronto serio e aperto con Ferrovie dello Stato, senza pregiudizi territoriali, per valutare le reali esigenze e opportunità di sviluppo di ciascun territorio.

Solo attraverso un dialogo costruttivo tra istituzioni, enti locali e cittadini si potrà determinare se la “prova muscolare” della Cisl e delle altre parti coinvolte sarà sufficiente a superare le complessità di un progetto che, se ben pianificato, potrebbe davvero rappresentare una rinascita per il Basso Lazio. Altrimenti, rischia di restare una mera operazione di facciata, priva di un’effettiva ricaduta sui territori e sulle persone che li abitano.