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Emergenza Climatica: Dalla Verità dei Dati all’Azione Concreta per i Territori
La Verità dei Numeri: Un Territorio che Cambia
Quando si parla di caldo, clima, stagioni, le percezioni personali spesso generano dibattiti infiniti: c’è chi minimizza, chi rievoca estati torride del passato, chi liquida tutto con un “è normale, è luglio”. Eppure, la realtà, quella vera, non si misura sulle sensazioni, ma sui numeri. Oggi, fortunatamente, abbiamo gli strumenti per raccoglierli, analizzarli, confrontarli.
È quello che abbiamo fatto anche noi. Abbiamo preso un comune situato al centro della nostra provincia, San Giovanni Incarico, e abbiamo raccolto i dati delle temperature minime, medie e massime dei mesi di giugno e luglio dal 1985 a oggi. Non per inseguire un titolo, ma per capire. Perché, se vogliamo fare politica con serietà, dobbiamo prima di tutto partire dalla verità.
E la verità è semplice e allarmante: i dati dicono che il clima è cambiato, eccome. E continua a cambiare. Giugno 2025 ha registrato una media di 24,5 gradi, quando tra il 1985 e il 1989 era di appena 20,3 gradi. La temperatura minima è passata da 12,1 a 16,5 gradi, mentre la massima ha superato i 32,8 gradi, quasi sei in più rispetto alla fine degli anni ’80.
Anche luglio mostra lo stesso trend: la temperatura media è salita di oltre 3 gradi, da 23,4 a 26,7, con picchi massimi vicini ai 36 gradi. E soprattutto, le notti sono sempre più calde: le temperature minime, cioè quelle che permetterebbero almeno di riposare, sono aumentate di più di due gradi.
Questi dati non sono isolati. Analizzando le serie storiche pluviometriche, emerge un quadro ancora più preoccupante: negli ultimi quarant’anni le precipitazioni si sono concentrate in eventi estremi sempre più violenti, alternati a periodi di siccità prolungata. Il regime delle piogge è cambiato radicalmente: se negli anni ’80 la distribuzione era più uniforme durante l’anno, oggi assistiamo a “bombe d’acqua” seguite da mesi di aridità che mettono a dura prova gli ecosistemi locali e l’agricoltura.
Un Fenomeno Globale, Effetti Locali
Come la scienza ci ha ripetuto per anni, il fenomeno del riscaldamento è globale ma gli effetti sono locali. I dati sono chiari: non si tratta di un’estate più calda delle altre. Si tratta di un processo continuo, strutturale, profondo. Si chiama Emergenza Climatica. E non arriva per caso. È figlio delle scelte politiche, economiche, industriali. Figlio di un sistema che ha messo il profitto davanti alla sostenibilità e il breve periodo davanti alla giustizia climatica.
È ormai consolidato, nella comunità scientifica internazionale, che la causa principale del riscaldamento globale è l’attività umana: le emissioni da combustibili fossili, la deforestazione, l’urbanizzazione selvaggia, il consumo di suolo. Nel nostro territorio, l’impatto è già tangibile: gli oliveti secolari soffrono stress idrici mai visti prima, i vigneti anticipano la vendemmia di settimane, gli allevatori vedono diminuire la produzione di latte delle proprie mandrie.

La Giustizia Climatica: Chi Paga il Prezzo più Alto
Mentre i miliardari si permettono di affittare Venezia per i loro capricci megalomani, la parte più fragile della società subisce le conseguenze. Il clima non colpisce tutti allo stesso modo. Colpisce di più chi ha di meno. Gli anziani che non possono permettersi l’aria condizionata, i lavoratori edili esposti al sole cocente, le famiglie che vedono lievitare le bollette energetiche, i piccoli agricoltori che perdono interi raccolti.
Per questo diciamo che l’emergenza climatica è anche un’emergenza sociale. La crisi ecologica amplifica le disuguaglianze esistenti e ne crea di nuove. Chi vive in case mal isolate soffre di più il caldo estivo e il freddo invernale. Chi non ha risorse per installare pannelli solari o sistemi di accumulo energetico rimane prigioniero dei rincari delle bollette. Chi lavora all’aperto non ha alternative alla sopportazione di temperature sempre più estreme.
Una Politica all’Altezza del Tempo che Viviamo
La politica, se vuole essere all’altezza del tempo che viviamo, deve smettere di rincorrere il consenso a breve termine e cominciare a investire sul futuro. Non possiamo più accettare che miliardi di euro vengano destinati a spese militari mentre non si vogliono stanziare i fondi necessari per una transizione ecologica socialmente realizzabile. Ogni euro speso in armamenti è un euro tolto alla sicurezza vera: quella ambientale, sociale, climatica. La sola che può garantire una vita dignitosa alle generazioni future.
È tempo di cambiare rotta. Una transizione ecologica che non sia un lusso per pochi, ma un diritto per tutti. Che metta al centro i bisogni reali delle persone, che crei lavoro buono e duraturo, che riduca le disuguaglianze invece di alimentarle. Una transizione che parta dai territori, anche da realtà come la nostra provincia, troppo spesso dimenticata.
Non possiamo lasciare ai nostri figli e nipoti una terra che somiglia sempre più a un forno ventilato. È il momento di scegliere: continuare a negare, rinviare, minimizzare — oppure agire. Fare di ogni comune un laboratorio di sostenibilità, di ogni quartiere una comunità resiliente, di ogni cittadino un protagonista del cambiamento.
Il cambiamento climatico si combatte solo se parte da noi. Dalla nostra voce. Dalle nostre scelte, anche Dalla nostra provincia.
Perché la crisi climatica è la sfida del nostro tempo. E noi vogliamo essere all’altezza della storia.