- Frosinone, 78enne senza pensione da tre mesi: l’Inps chiede di dimostrare che è vivo a causa di un errore di certificazione - 8 Giugno 2025; 11:00
- I cicli iniziano e finiscono. Ripartire significa costruire la serie D: resta pur sempre un gioco dilettantistico - 8 Giugno 2025; 10:00
- L’ISIN diventa centro di competenza del Dipartimento della Protezione Civile - 7 Giugno 2025; 17:00
L’editoriale del direttore
Il mondo del calcio, si sa, non segue linee rette. È un ciclo continuo di alti e bassi, di speranze e delusioni. I cicli iniziano e finiscono, e questa dinamica rappresenta forse la sua essenza più autentica. Ripartire, per molte società, significa ricostruire anche dalla Serie D, una categoria che, pur avendo un valore e una storia propria, resta un ambiente prevalentemente dilettantistico, un vero e proprio gioco.
Il calcio non è come una linea retta: è un mosaico di cicli, di progetti che si affermano e di altri che si sgretolano. È giusto che sia così. Una società non può essere vincolata a un solo allenatore, così come un allenatore non può essere legato a vita a una società. La dinamicità è parte integrante di questo sport, e le tifoserie, soprattutto in epoche come questa, sono più esigenti che mai.
Lo si evince anche dal costo di un abbonamento: circa 100 euro l’anno o poco più. È un investimento che molti sono disposti a fare, ma che altri preferiscono non sostenere. La libertà di scelta del tifoso, di seguire o meno una squadra, è un diritto che va rispettato. Tuttavia, nel calcio dilettantistico, mantenere una squadra è un impegno enorme. Ci sono giocatori che viaggiano anche a 4000 euro al mese, un investimento notevole considerando che un operaio o lavoratore si fa in quattro per sbarcare il lunario.
Il calcio, in tutte le sue categorie, è un settore dove girano molti soldi. È una realtà innegabile. Ma quando le pretese diventano troppo insistenti, il gioco si trasforma in qualcosa di più pericoloso, rischiando di perdere di vista il suo spirito originario. La domanda che ci si dovrebbe porre è semplice: esiste una squadra in Serie D o in categorie inferiori dove la vendita di un giocatore generi incassi stratosferici? La risposta è chiarissima: no.
Se ci fosse stata una vendita con cifre esorbitanti, probabilmente saremmo qui a parlare di Serie A, o al massimo di Serie B. In categorie come la Serie D, le operazioni di mercato sono ben lontane da quelle milionarie del massimo campionato. Quindi, è evidente che si tratta più di un gioco, di un divertimento, che di un business strutturato come nelle divisioni superiori.
Questo non significa sminuire il valore del calcio dilettantistico, ma ricordare che si tratta di un mondo diverso, con regole diverse e con aspettative differenti. È un ambiente in cui si può decidere di assistere o meno, di esprimere opinioni o di tifare con passione, ma non si può arrivare a offendere o ad aggredire senza motivo la presidenza.
In conclusione, il calcio, in tutte le sue forme, resta un gioco, un divertimento. La sua forza sta proprio nella capacità di essere un momento di aggregazione, di passione e di speranza. E in questo ciclo continuo di inizi e fine, l’importante è mantenere viva la passione, rispettare le regole e ricordare che, alla fine, si tratta sempre di un gioco.