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Il Consiglio di Stato ha decretato la parola “fine” alla vicenda dell’impianto di trattamento di rifiuti sanitari in via Cerro Antico n.48. Con sentenza del 15 aprile scorso, pubblicata il 4 giugno, notificata sia alla Regione Lazio che al Comune di Cassino, il massimo organo amministrativo ha infatti respinto la richiesta della Fiotech s.r.l. e confermato quanto già deciso a suo tempo (sentenza n.4481 del 2023) dal Tar. Ha altresì respinto la richiesta di riconoscimento dell’indennizzo da parte della stessa società, condannandola al pagamento delle spese di lite per complessivi ottomila euro in favore del Comune e della Regione.
Alla Fiotech s.r.l. per l’attivazione dell’impianto di trattamento di rifiuti sanitari era stata rilasciata dalla Regione l’autorizzazione integrata ambientale e la V.i.a. (Valutazione impatto ambientale) sulla base di una nota non tecnica della società del 10 aprile 2012 con la quale si sosteneva quanto segue: “Per quanto riguarda la prevenzione di possibili situazioni di disagio percepiti dalla popolazione, si fa presente che non vi è nella zona una continuità abitativa anche se è presente un gruppo di case sparse, né presenza di edifici sensibili quali scuole, ospedali, centri turistici e impianti sportivi, né aziende di tipo alimentare”.
Il Comune di Cassino attestava, invece, che nel raggio di meno di due chilometri si trovavano circa 50 abitazioni, con bambini ed anziani, oltre il complesso scolastico ISS San Benedetto, due case di riposo per anziani, una caserma dei Vigili del Fuoco e una della Polizia Stradale, nonché diverse aziende agricole, ristoranti, agriturismi.
Si legge nella sentenza che la parte appellante (la Biotech) “non ha fornito un quadro veritiero dello stato dei luoghi neanche in relazione all’esistenza delle abitazioni all’interno del perimetro dei 500 metri dall’impianto, che non possono essere indicate, come ha fatto la parte appellante, come un gruppo sparso di case, anche perché l’amministrazione comunale dà conto del fatto che si tratta di abitazioni residenziali a carattere continuativo”.
Nel rilasciare la Valutazione di impatto ambientale, revocata poi in autotutela, la Regione, indotta in errore, aveva evidenziato la non presenza di edifici sensibili quali scuole, ospedali, centri turistici, impianti sportivi e che non vi era continuità abitativa per quanto riguarda le abitazioni presenti. Cosa non corrispondente affatto alla realtà, stante l’esistenza di una scuola e della continuità abitativa tra le 50 abitazioni.
Con motivazione ragionevole e logica si è data prevalenza alla tutela del diritto alla salute e dell’ambiente rispetto alle esigenze della produzione e dello smaltimento dei rifiuti.