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Di Prof. Mario Costa
La questione era già stata “sistemata” a dovere nell’ottobre di quattro anni fa (si era nel 2021) con elevata competenza giuridica dal magistrato Michela Grillo del nostro tribunale in sede civile. La incredibilmente esosa richiesta (due milioni di euro, più interessi e rivalutazione) di risarcimento danni intentata nei confronti del Comune di Cassino dalla Cogei s.r.l. era stata, infatti, rigettata con lucide e sostanziose motivazioni. Non solo: la stessa società, in persona del legale rappresentante protempore, veniva condannata alle spese di lite in favore del Comune, liquidate in 36 mila e rotti euro.
All’udienza collegiale di martedì 24 scorso, la Corte d’Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda, ha rigettato l’appello e per l’effetto ha confermato la sentenza di primo grado.
Nulla da ridire circa il diritto di chi avvia un procedimento giudiziario convinto di essere stato leso in legittimi propri interessi e chiede giustizia. Ne ha il diritto anche se quella sua convinzione è totalmente sballata, priva di qualsiasi plausibile ragione per essere accampata. Come nel caso in questione. Quando ci si muove in buona fede, il rispetto del diritto individuale è sempre d’obbligo.
Cosa un po’ diversa se impegniamo la magistratura, già di per sé ingolfata nel delicato suo compito, da chi, soprattutto quando si intravede la possibilità di acchiappare un po’ di quattrini, “ci prova”, come si suol dire. Ma, avendo conosciuto gli esponenti della Cogei s.r.l., siam convinti non sia questo il caso.
Chi scrive era assessore all’Urbanistica nel 2014, nell’amministrazione del sindaco Peppino Petrarcone, quando la causa civile di risarcimento danni venne iscritta nel ruolo generale del tribunale. Il contendere era però partito molto prima del nostro insediamento. Riguardava un assai complicato contenzioso tra imprenditori privati per la collocazione di parcheggi in adiacenza di un grosso fabbricato. Una sentenza del Consiglio di Stato aveva annullato atti che erano stati impugnati. A seguito di questa decisione, come amministratori ci adoperammo per venire a capo della questione. Acquisita una nuova progettazione della Cogei coerente con quanto sancito dal Consiglio di Stato, fu accolta la richiesta di ottenimento della sanatoria dell’immobile. Per ragioni statiche era stata esclusa la possibilità di demolire parzialmente il fabbricato senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità.
Naturalmente la Cogei dovette versare un indennizzo: 262mila euro, pari all’aumento di valore dell’immobile stante la maggiore cubatura ricavata. Il problema era stato risolto, con buona pace di tutti, si pensava. Così non fu, purtroppo. Partì, infatti, la richiesta di risarcimento. Si basava su un “ipotetico comportamento illecito dell’amministrazione per aver ingenerato nell’impresa il convincimento di poter legittimamente realizzare l’intervento edilizio assentito”.
Il resto è storia recente. Di attualissimo c’è il “sospiro di sollievo” per lo sventato “pericolo” che incombeva sulle casse comunali. Roba da turbare il sonno finanche al più irresponsabile degli amministratori.