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20 anni fa veniva stipulata, nel capoluogo siciliano, la ‘Convenzione di Palermo’, uno dei principali trattati delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale.
In occasione dell’anniversario il Governo italiano ha organizzato, il 28 ottobre a Palermo, una Conferenza internazionale.
Le delegazioni di 34 Paesi si confrontano nell’aula bunker – intitolata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – su “La Convenzione di Palermo e i suoi protocolli sulla tratta di persone e sul traffico di migranti: strumenti giuridici e operativi per affrontare le attività criminose nel contesto del Mediterraneo”.
Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è intervenuto alla sessione introduttiva dei lavori.
Questo panel ha visto gli interventi anche del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, del Direttore esecutivo United Nations Office on Drugs and Crime (Unodc) Ghada Waly e del Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Maria Tripodi.
Hanno concluso l’intervento, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alfredo Mantovano e il Direttore esecutivo Unodc Ghada Waly.
L’intervento del Ministro Piantedosi
Onorevoli Ministri, Signori Ambasciatori, Autorità tutte, Signore e Signori,
sono particolarmente lieto ed onorato di celebrare la Convenzione di Palermo, in questa aula dove rendiamo omaggio al coraggio di donne e uomini che si sono impegnati, talvolta con il sacrificio della propria vita, a combattere la criminalità transnazionale.
Abbiamo scelto Palermo e l’aula bunker del Palazzo di Giustizia proprio per rappresentare idealmente – ma anche concretamente – quanta strada abbiamo percorso nel solco dei principi della giustizia e della legalità.
La Convenzione di Palermo ha guidato, in questi venti anni, lo sviluppo dell’attività di cooperazione tra le Forze di polizia delle 191 parti firmatarie. Con la sua lungimirante visione ha consentito di rafforzare la nostra capacità effettiva di prevenzione e di contrasto ai crimini gravi ed organizzati.
Oggi sarà utile condividere idee ed esperienze, in particolare per questa sessione, sul cruciale tema del contrasto al traffico di migranti e alla tratta di persone.
Si tratta di crimini particolarmente odiosi che integrano una grave violazione del diritto internazionale e arrecano un’offesa non solo alla dignità delle persone coinvolte ma anche al diritto di ogni Stato sovrano di regolamentare l’ingresso dei cittadini stranieri nel proprio territorio.
Nessuno Stato può accettare che la criminalità organizzata determini le politiche migratorie nazionali né che vengano praticate ignobili forme di schiavitù moderna.
Proprio ieri in occasione del Consiglio Affari Interni a Bruxelles ho sottoposto ai colleghi europei una serie di iniziative per affrontare questa sfida epocale, riconducibili a due pilastri essenziali.
Da un lato, la necessità di potenziare la collaborazione con i Paesi di origine e transito dei flussi, per rafforzare la cooperazione di natura investigativa e rendere più efficace la risposta repressiva contro i trafficanti.Dall’altro lato, la necessità di agire concretamente sulle cause della migrazione e offrire ai migranti delle alternative legali ai loro progetti migratori.
Per questo motivo riteniamo fondamentale il potenziamento della collaborazione con le Agenzie Onusiane per ampliare i programmi di rimpatrio volontario assistito dai Paesi di transito verso i Paesi di origine.
Rimpatrio assistito significa accompagnare i migranti nel proprio Paese di origine offrendo loro concrete prospettive di inserimento sociale e lavorativo.
Parallelamente, stiamo approfondendo, insieme con il Ministero degli Esteri, OIM e UNHCR, soluzioni innovative per il governo dei flussi ispirate al c.d. “approccio basato sulle rotte” (“route based approach”).
Si tratta di sviluppare un piano finalizzato alla gestione ordinata dei flussi lungo le rotte che dai Paesi subsahariani portano alle coste del Mediterraneo.
I suoi punti di forza potrebbero consistere nella creazione di corridoi di protezione per coloro che ne hanno bisogno, nello sviluppo socio-economico dei territori di transito, e nel potenziamento del sistema dei ritorni accompagnati nei Paesi di origine.
Risulta evidente che una capillare presenza delle Autorità e delle Organizzazioni onusiane lungo le rotte offrirebbe ai migranti una realistica alternativa alla migrazione illegale e toglierebbe ossigeno ai network criminali.Secondo gli studi condotti da Europol, oltre il 90% dei migranti irregolari giunti nel territorio europeo si è avvalso dei trafficanti, durante tutto o parte del viaggio.
L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) stima, inoltre, che a livello globale il business del traffico migranti generi affari per 6-7 miliardi di euro ogni anno, a cui vanno aggiunti i proventi ottenuti dal successivo sfruttamento delle vittime con il racket della prostituzione, del lavoro nero, dell’accattonaggio, solo per citare alcuni esempi.
Sebbene si tratti di fenomeni criminali distinti, stiamo purtroppo assistendo con forte preoccupazione alla sempre più frequente loro interazione.
Numerose indagini hanno accertato, infatti, che l’adescamento delle vittime e il loro assoggettamento a forme di sfruttamento spesso si manifestano già durante il percorso migratorio.
Per molti migranti, dunque, il rapporto con il trafficante non si esaurisce con l’ingresso illegale nel territorio europeo, ma prosegue con la presa in consegna da parte di organizzazioni criminali stanziali delle vittime.Un’efficace strategia di contrasto si deve basare non solo sui tradizionali strumenti di cooperazione, ma deve avere anche l’ambizione di percorrere nuove strade che aiutino a sprigionare tutte le potenzialità della Convenzione.
Un primo spunto di riflessione, riguarda la necessità di colpire i trafficanti al cuore dei loro interessi, intercettando i capitali illeciti prima che vengano riciclati nell’economia legale e impiegati per scopi di corruzione.
In questo senso, la Convenzione fa proprio l’insegnamento di Giovanni Falcone, il famoso “follow the money”, tagliando le fonti di approvvigionamento della ricchezza.
Convinti dell’efficacia di questa metodologia investigativa, in occasione della prossima Assemblea Generale di Interpol a Vienna, sarà importante valorizzare e dare avvio alla proposta avanzata dall’Italia concernente la c.d. “Silver Notice”.
Si tratta di un prezioso strumento che consentirà lo scambio d’informazioni finanziarie per l’individuazione e il sequestro di patrimoni indebitamente acquisiti dalle organizzazioni criminali coinvolte anche nel traffico di esseri umani.
L’utilizzo delle investigazioni economico-finanziarie rappresenta d’altronde uno dei tratti qualificanti dell’approccio investigativo italiano, che stiamo valorizzando in tutti i fora internazionali.
Una seconda linea strategica non può che riguardare la promozione di una partnership rafforzata con i Paesi africani.A questo riguardo vorrei evidenziare l’importante collaborazione in atto con i colleghi francesi, con cui abbiamo assunto la leadership di uno dei più rilevanti programmi della Commissione europea, per il contrasto alle reti di trafficanti in Nord Africa.
Si tratta di un progetto che consentirà di sviluppare direttamente nei Paesi interessati azioni specifiche per il rafforzamento della cooperazione di polizia e giudiziaria, in prima battuta con la Tunisia e a seguire con Marocco, Egitto, Algeria e Libia.
A livello europeo, l’Italia ha inoltre recentemente avanzato la proposta di attivare una task-force operativa per le investigazioni in materia di traffici di esseri umani in stretta collaborazione con Europol.
È evidente, tuttavia, che una strategia vincente non può prescindere da iniziative anche nei principali Paesi di origine dei flussi.
In tale ottica, vorrei richiamare il grandissimo impegno dell’Italia e di Interpol profuso nell’innovativo progetto “IDENTITY”, finalizzato al rafforzamento delle capacità di acquisizione e conservazione dei dati biometrici di soggetti criminali che operano in Africa Occidentale.L’iniziativa si pone quale priorità proprio quella di individuare criminali e terroristi che potrebbero sfuggire ai normali sistemi di identificazione durante le procedure di controllo.
Questo sistema, discendente dalla filosofia e dalla impostazione della Convenzione di Palermo, contribuirà al successo di importanti indagini internazionali grazie alla creazione di sinergie sempre più necessarie ed efficaci.
Sono state, infatti, proprio le indagini che le Forze di polizia italiane hanno condotto negli anni, a dimostrare che i criminali operano come network, spostando droga, esseri umani e armi da un continente all’altro.
In questo asse, cruciale è l’interscambio informativo e di dialogo diretto delle banche dati nazionali e internazionali valorizzando le reti regionali di Polizia.
La Convenzione incentiva proprio queste forme di cooperazione ed in tale ottica in questi 20 anni abbiamo negoziato importanti intese con Paesi e con organizzazioni internazionali, raggiungendo la ragguardevole cifra di ben 400 intese, in tutti i continenti.
Ma non basta, dobbiamo continuare a sfruttare le potenzialità di tutti gli strumenti operativi che abbiamo negli anni sviluppato grazie alla Convenzione.
Penso all’ancora attuale idea delle squadre investigative comuni, grazie alle quali le nostre Forze di Polizia riescono a dialogare ed operare in maniera più diretta ed efficace.Il nostro Paese fornisce da tempo anche un contributo conoscitivo nella individuazione di strumenti e nel rafforzamento di capacità preventive e di contrasto alle gravi forme di crimine, expertise che ci deriva dalla nostra storia di lunghi anni di lotta alla mafia e al terrorismo interno.
Tra gli strumenti che si sono rivelati maggiormente efficaci vi è la rete degli Esperti per la Sicurezza e degli ufficiali di collegamento italiani dislocati in numerose Ambasciate e Rappresentanze diplomatiche.
Abbiamo potenziato proprio recentemente questo network di esperti, che ci consente lo scambio, in tempo reale, delle informazioni utili allo sviluppo delle innumerevoli attività investigative.
A tal fine, esprimo ai colleghi stranieri l’auspicio a che sia possibile incrementare il distacco di ufficiali di collegamento nel nostro Paese.
Vorrei concludere sottolineando che il raggiungimento di questi obiettivi sfidanti per delineare l’evoluzione della Convenzione di Palermo, nella sua “versione 2.0”, passa attraverso la necessaria guida del suo custode, UNODC.
È per questo che ringrazio la Direttrice Ghada WALY per il supporto e per la concreta vicinanza dei suoi uffici di Vienna e delle Sedi regionali di UNODC.
Il Protocollo di intesa che abbiamo sottoscritto a livello tecnico sta dando già frutti concreti e numerose iniziative in Africa e in Italia, soprattutto in termini di condivisione e scambio di conoscenze, hanno già preso avvio.
Lo spirito propositivo ed innovativo della Convenzione di Palermo mi porta ad evocare, in sintesi, 4 obiettivi chiave da portare avanti insieme:
1. intensificare le attività di indagine sulle rotte del Mediterraneo anche attraverso scambi di investigatori;
2. ampliare la rete degli esperti nazionali per l’immigrazione e la sicurezza in tutti i Continenti;
3. potenziare la cooperazione tecnica sotto il profilo dell’attività formativa con progetti didattici mirati alla prevenzione e al contrasto del crimine organizzato;
4. attivare degli appositi strumenti per finanziare le squadre investigative comuni.
Auspico quindi, e concludo, che il comune impegno possa garantire ai nostri Paesi e ai nostri cittadini un cammino spedito verso la sicurezza, la giustizia e lo stato di diritto ed un futuro per le giovani generazioni.
In tale ottica ascolterò i vostri preziosi interventi per delineare insieme concrete azioni da sviluppare con determinazione e fiducia reciproca».
Foto di Tomas Anton Escobar Unsplash