Sguardi e gesti, il ‘Gom’ e il codice criptato dei boss: un linguaggio silenzioso che sfida lo Stato

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Domenico Panetta
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Dietro le sbarre del 41 bis, il regime carcerario duro riservato ai boss mafiosi, si cela un universo di comunicazione silenziosa. Sguardi, gesti, parole sussurrate: un codice criptato che permette ai capimafia di eludere i controlli e mantenere il controllo delle loro organizzazioni.



“Gom” è il termine utilizzato per indicare questo linguaggio non verbale, un alfabeto di gesti codificati che va dal toccarsi il viso al muoversi in un certo modo. Un sistema di comunicazione che si evolve continuamente, adattandosi alle nuove tecnologie e alle nuove strategie di controllo.

A svelare i segreti del “Gom” sono gli osservatori, agenti penitenziari appositamente formati per decifrare questo codice. Il loro lavoro è fondamentale per contrastare la mafia e impedire ai boss di impartire ordini e pianificare attività criminali anche dall’interno del carcere.

Dalle loro osservazioni emerge un quadro preoccupante: il “Gom” è utilizzato per comunicare su una vasta gamma di argomenti, dagli affari criminali alle questioni familiari, fino alle strategie di vendetta contro i nemici.

Non solo gesti, ma anche sguardi e posture assumono un significato preciso. Un capomafia che si gratta il mento potrebbe ordinare un omicidio, mentre uno che incrocia le braccia potrebbe indicare dissenso.

La sfida per lo Stato è quella di rimanere sempre un passo avanti ai boss, intercettando e decodificando il loro linguaggio silenzioso. Un lavoro complesso e delicato, che richiede una costante formazione degli osservatori e l’utilizzo di tecnologie sempre più sofisticate.

Solo così si potrà spezzare la rete di comunicazione che permette ai boss di mantenere il controllo delle loro organizzazioni criminali, anche dal carcere.

La lotta contro la mafia non è solo compito delle forze dell’ordine, ma di tutti i cittadini. È necessario un impegno comune per contrastare la cultura mafiosa e per affermare i valori della legalità e della giustizia.

In un’epoca in cui la comunicazione digitale è sempre più pervasiva, non dimentichiamo che il linguaggio del corpo può essere ancora un potente strumento di controllo e di potere. La sfida per lo Stato e per la società civile è quella di decifrare questo codice e di sconfiggere la mafia anche nel suo ultimo rifugio: il carcere.