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Il nostro direttore Domenico Panetta ha intervistato l’ex Killer della N’drangheta Luigi Bonaventura. Oggi collaboratore di giustizia e fondatore della sua associazione “sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia”.
Chi è Luigi Bonaventura?
B – Luigi Bonaventura è un bambino che è stato concepito per essere n’dranghetista, un bambino che è stato cresciuto per diventare successivamente un killer. Il mio compito era compiere missioni particolari per la n’drangheta, ho agito in un reparto riservato il mio compito era contrastare una vecchia faida che era iniziata tantissimi anni fa quando una famiglia rivale uccise mio zio.
In realtà non ho avuto infanzia, non ha avuto adolescenza, ho conosciuto soltanto violenza. Sono cresciuto con un cuore pieno di odio con un senso altissimo di vendetta insomma è come se fossi stato programmato per poi uccidere da grande.
Perché ha deciso di collaborare? Il suo contributo quanti arresti ha portato?
B – Ho deciso di collaborare per amore dei miei figli, amore di mia moglie e poi piano piano è nata anche l’amore sempre più forte anche per la società. Ho deciso di collaborare anche per il bene della mia città e della mia regione. Ho sempre sperato che la collaborazione potesse mettere fine alle guerre criminali che c’erano in zona in un certo qual modo ci sono riuscito. Durante il mio periodo di collaborazione i morti sono stati pochissimi. In un primo momento mi sono dissociato dalla N’drangheta ed a pagare le conseguenze fu mia moglie con la sua attività oggetto di intimidazioni successivamente è avvenuta la mia collaborazione. Ad oggi sono un collaboratore di giustizia da ben 17 anni. Collaboro con 16 procure antimafia ed ho avviato la mia associazione “sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia”. Sono stato sentito da 16 procure comprese due straniere, Stoccarda e Duisburg. Credo di aver contribuito a far condannare o arrestare oltre 500 n’dranghetisti, dico condannare perché erano già in galera per altri procedimenti poi con le mie dichiarazioni e quelle di altri sono arrivate le condanne definitive.
La sua collaborazione si può definire una vera e propria inversione di marcia?
B- La mia collaborazione ha segnato una vera è propria inversione di marcia basta pensare che sono il primo collaboratore di giustizia, almeno nella provincia, ad essere comunque vincolato dal patto di sangue a una delle famiglie più storiche della N’drangheta, che sarebbe la famiglia Vrenna-Buonaventura. Le dico una cosa in realtà dovrei chiamarmi Vrenna, non Buonaventura, perché mio nonno si chiamava Luigi Vrenna detto “U Zirro” era uno dei boss più importanti in assoluto all’epoca della n’drangheta. Quando lui era il capo esistevano dieci boss che comandavano in tutto il mondo e lui era uno di questi. La sua area di influenza partiva da Catanzaro ed arrivava fino a Taranto.
Quale era il business principale della n’drangheta all’epoca?
B – All’epoca era il contrabbando di sigarette oggi il traffico di cocaina.
Cosa ne pensa del programma di protezione
B – Il programma di protezione non funziona, è obsoleto, un programma di protezione che quando è stato creato con la legge 8.1.1, fu voluta fortemente da Falcone e Borsellino, era un programma di protezione che comunque andava benissimo, hanno fatto una legge che definirei geniale. Poi piano piano questo programma è stato modificato, con la riforma del 2001, legge 45 del 2001, che ha creato un’altra situazione. I nuovi collaboratori, quelli che provengono dalla fine degli anni 90 ad oggi, subiscono un trattamento molto diverso da quelli che ricevevano i primi collaboratori di giustizia che ricordo beneficiavano addirittura del cambio anagrafico di nome e cognome.
Oggi la sua vita è in pericolo?
La mia vita? Certo che è in pericolo, anche l’ultima relazione della DDA mi preclude tantissimi posti in Italia, quasi tutta l’Italia e tantissimi posti nel mondo dagli Stati Uniti alla Colombia, al Venezuela, al Messico, alla Federazione Russa, all’Albania, alla Grecia, alla Spagna, alla Germania, Svizzera, Francia e così tantissime altre città che mi vengono negate perché non sono gradito. In pratica non posso crearmi una nuova vita e avere un inserimento sociale e lavorativo in questi posti. È intuibile che sono in pericolo ripeto ho collaborato con 16 procure antimafia ho fondato l’associazione collaboratori testimoniali di giustizia. Da quando collaboro hanno cercato di ammazzarmi ben due volte, un agguato è stato eseguito da mio padre e da altri. Sono vivo per miracolo sono stato pronto a rispondere al fuoco e sono rimasto ferito. Sono vivo per miracolo. Ho ricevuto agguati anche in località protetta, ho ricevuto proiettili nella mia cassetta della posta, attività di mia moglie incendiata. Insomma è capitato di tutto.
Sono 17 anni che lotto per avere un cambio di generalità definitivo, questa situazione non ti aiuta, tutt’ora vivo con il mio nome e cognome originale. In questi anni abbiamo avuto per periodi dei documenti di copertura, ma il documento di copertura non annulla il documento originale quindi a 20 km tu sei costretto a muoverti con il documento originale per fare un conto corrente, per curare il cane, per lavorare, per fare qualsiasi cosa. È impossibile lavorare ed integrarsi nella società in questo modo. Il documento di copertura potrebbe permetterti di lavorare, ma devi accettare sempre un lavoro non a tempo. Insomma è complicato vivere e inserirsi nella società.
Quella di Luigi Bonaventura è una vita complicata segnata da un trascorso insidioso e da una nuova vita inesistente nei prossimi mesi andremo a trovarlo per continuare la nostra intervista e farci rivelare altri retroscena inquietanti. Non sarà facile considerando la situazione. Il caso di Luigi Bonaventura è stata attenzionato di recente anche dal programma Le Iene.